www.guidodivita.it

Racconti


Grazie



Questa non è la storia di un bimbo che, diventato maggiorenne, ha saputo di essere stato oggetto di un tentativo di un sequestro. Questa è la storia di come quel bimbo, oramai ragazzo, con un semplice gesto mi ha restituito quella dignità, quella forza d’animo, quella voglia di continuare che troppo spesso mi sono state soffocate. Questo è il mio modo per dire "grazie" a tutti coloro che ancora credono in noi, in quello che facciamo.


 

 

 

Poco prima del Natale 2011 un mio amico, di passaggio  in città  con tutta la famiglia, mi chiama e mi chiede di uscire a pranzo con loro. Accetto di buon cuore, anche perché la nostra amicizia mi riporta ad altri tempi, altri luoghi, altre esperienze mai dimenticate.

Il giorno in cui ci siamo visti faceva veramente freddo. Con le famiglie ci siamo dati appuntamento in una piazza del centro e da lì, a piedi, abbiamo raggiunto il ristorante. Durante il tragitto il mio amico mi si avvicina e mi dice che il figlio, da poco maggiorenne, mi deve dire una cosa. Io penso subito che mi vorrà chiedere qualche informazione sui carabinieri, su come e cosa fare per  arruolarsi. E invece no. Questo ragazzone, più alto di me, mi si avvicina con fare quasi dinoccolato e semplicemente mi dice:

“ Grazie. Volevo ringraziarti perché ho saputo come hai conosciuto mio padre”. Io sono rimasto lì come un baccalà, preso in contropiede. Non riuscivo a spiaccicare una risposta. Eppure quel ”grazie” mi ha riportato indietro di anni, ad altro incarico in altra città.

La storia di per sè è semplice.

 

Tutto nasce quando veniamo a sapere che in un piccolo paesino c’era qualcuno che voleva organizzare il rapimento di un bambino. Ci muoviamo immediatamente: protezione discreta alla casa; protezione discreta durante i movimenti del piccolo; protezione discreta a scuola (il comandante di quella Stazione Carabinieri aveva la figlia nella stessa scuola, e in quel periodo è sempre andato lui a lasciarla e a riprenderla); molto tatto e delicatezza nel dare l’informazione ai genitori, tranquillizzandoli sul fatto che eravamo in grado di monitorare la situazione. Il tizio che avrebbe voluto compiere il gesto era stato individuato, il problema era come procedere. Prima di tutto c'era un bimbo da salvare, per questo abbiamo scelto di utilizzare le intercettazioni preventive. E’ un mezzo che ci è permesso dalla legge, anche se  non ha valore davanti al giudice in Tribunale. Ma in casi come quello di un rapimento la cosa più importante è prevenirlo, e questo tipo di intercettazioni è il metodo più rapido e più valido per individuare le mosse dei possibili rapitori. E questo ci hanno permesso di fare. Abbiamo fatto intervenire il ROS, che per l'Arma era il reparto cui competeva questo tipo di intercettazioni, e abbiamo così potuto seguire l’ideatore del gesto fino a quando  non ci siamo resi conto che il tutto ci sarebbe sfuggito di mano. Abbiamo scelto di non rischiare e, intervenendo con una perquisizione a casa del tizio, gli abbiamo fatto capire che sapevamo tutto. Per correttezza devo dire che l’ipotetico rapitore è stato assolto, perché gli elementi raccolti durante la perquisizione – seppur confermando i suoi contatti con personaggi particolari – non hanno permesso al Pubblico Ministero di sostenere l’accusa in tribunale. Sarebbe bastato leggere durante il processo il contenuto delle intercettazioni preventive, ma per legge non si poteva, e non si può, fare.

Tutto qui. Quanto sopra è stata il motivo per cui ho conosciuto i genitori del ragazzo, con i quali in seguito siamo diventati amici.

 

Davanti a quel “grazie” sono solo riuscito a dire frasi di circostanza “Era mio dovere”, “Io ero solo uno dei tanti carabinieri intervenuti nel fatti” eccetera eccetera. Non sapevo cosa rispondere.

Ma lo faccio adesso, al termine di questo mio racconto: “Grazie a te, ragazzo mio. Grazie a te. Quel tuo grazie è stato il riconoscimento più importante che abbia mai ricevuto”