Nelle operazioni di Polizia spesso si preferisce ricorrere a
soprannomi per riconoscersi. Lo si fa per motivi di sicurezza; per maggior
facilità nelle comunicazioni; per evitare le problematiche connesse ai
gradi ed alla gerarchia. I nomignoli hanno le origini più disparate: i
miti; la storia; le leggende; i film; le esperienze personali.
Noi, quella volta, abbiamo fatto ricorso alle favole.
C’è sempre un Pinocchio che, in barba a tutte le regole, pensa di farla
franca. E’ successo anche lì, in quell’angolo di Toscana dove nascono Tevere
ed Arno; dove è apparsa la Chimera; dove i Romani - sconfiggendo i Galli -
diedero il via a quello che sarebbe divenuto il più grande Impero di ogni
tempo; dove San Francesco ha ricevuto le stigmate; dove Piero della
Francesca ha dato anima alle sue opere.
Anche lì, una decina di anni fa, c’era un Pinocchio che pensava di fare
quello che voleva, con i suoi mercanteggiamenti, i suoi intrallazzi, la sue
bugie e le sue scappatelle. Quello che Pinocchio non sapeva era che c’era un
gruppo di brave persone che avrebbe fatto di tutto per fermarlo.
E’ così che è nata la favola di “Mangiafuoco” e dei suoi ragazzi, di
“Balena” e “Fatina”, del “Grillo parlante” e di “Geppetto”; di “Lucignolo”;
del “Gatto” e della “Volpe”. Mancava solo il “Giudice”, ma in storie come
questa quella figura spesso manca per molto tempo, anche perché se non ci
credi, nelle favole è meglio non entrarci. Ed in quella “favola” per troppo
tempo non c’è stato alcun “Giudice” che ci abbia creduto. Ma in barba a quel
giudice quei bravi ragazzi ce l’hanno fatta. Buttati sulle tracce di
“Pinocchio” che volava tra i Caraibi, la Francia e la Spagna; dormendo per
giorni all’addiaccio ai confini italiani; correndo come pazzi per le
autostrade liguri inseguendo il “burattino” con mezzi pressoché di fortuna,
sono riusciti a fermarlo. Poi, tutti gli amici di Pinocchio sono stati
smascherati e consegnati a quel “Giudice” che ancora stentava a crederci.
Questo accadeva in quell’angolo di Toscana quasi dieci anni fa. Di quel
gruppo in molti sono rimasti ed hanno continuato sulla stessa strada, altri
se ne sono andati: chi per età; chi per scelta; chi per normale evoluzione
professionale. Ma tutti, tutti si sono ritrovati quel maledetto 24 Dicembre:
“Balena” e “Fatina”, sempre inseparabili e sempre l’anima del gruppo;
“Grillo parlante”, con qualche chilo in più; “Lucignolo”, con qualche
capello in meno; il “Gatto” con la stessa grinta e con la stessa bontà
d’animo di sempre; e “Mangiafuoco” che dalle sue Alpi è tornato per un
giorno in quell’angolo di Appennino. Non poteva mancare nessuno: c’era da
dare l’estremo saluto alla “Volpe”.
Era nato tutto come una favola, e come una favola doveva rimanere. Ma per chi
ci ha lavorato insieme, per chi l’ha amata e continua ad amarla, la “Volpe”
da quella favola ne è uscita per entrare nella leggenda.